lucia
Dialogo tra un logico cartesiano e un analogico non so
A: C’è questo libro che ho letto, no? Walkscapes, ha un inizio folgorante
L: Ah sì? E di che parla il libro?
A: Beh, del camminare, attraversare il territorio osservando, come una pratica – come dire? – trasformativa, un atto estetico.
L: Non so se ho capito
A: Vabbé ma io volevo parlarti della prima pagina che è bellissima. È su tre colonne: nella prima colonna ci sono dei verbi come attraversare, scoprire, incontrare… nella seconda dei sostantivi come un territorio, un luogo, una pietra, nella terza di nuovo dei verbi e tu puoi intrecciare a piacere queste tre colonne e leggere o anche agire quello che ottieni.
L: Tipo?
A: Eh cose sorprendenti tipo: “misurare i valori simbolici e perdersi”
L: è impossibile “misurare” i valori simbolici.
A: Perché impossibile?
L: Perché per misurare ti serve innanzitutto una grandezza fisica da misurare e il valore simbolico non lo è, poi uno strumento di misura. Non esiste un metro per i valori simbolici.
A: certo sei cartesiano eh… dobbiamo mettere su uno spettacolo, forse dobbiamo anche coltivare la nostra parte analogica; senti che bellezza: “pedinare un istinto e vagare”.
L: dobbiamo mettere su uno spettacolo, appunto, quindi dobbiamo essere concreti, che te ne fai di una pagina con un elenco di verbi e sostantivi, qui ci va una struttura, una storia, una cornice, un’idea!
A: … non c’è però il verbo “cantare” tra questi
L: e dunque?
A: lo spettacolo avrà come tema il camminare e il cantare
L: appunto, chi se ne importa se non c’è tra i verbi del libro, bisogna capire se il percorso che faremo avrà pezzi popolari, contemporanei, se i pezzi parleranno del tema, oppure no, se sono parte della narrazione… insomma ce n’è di roba da fare e tu ti preoccupi che non c’è “cantare” nel libro
A: inseriamolo noi! Senti che meraviglia: cantare l’altrove ed errare
L: errare nel senso di sbagliare?
A: no, nel senso di vagare, di perdersi.
L: qua stiamo divagando…
Ciao!
Ecco… questo l’ho scritto davvero all’inizio. Una specie di gioco per togliersi la paura della pagina bianca.
Walkscapes ha acceso le prime scintille, insieme a Musicofilia di Oliver Sacks che raccoglie una serie di racconti folgoranti dal punto di vista delle neuroscienze sulla musica come attivatore neuronale; sono quadri in cui musica, emozione, memoria, movimento corale e identità si intrecciano e, in qualche modo, ci definiscono.
E da qui è partita la tempesta di cervelli che ha fatto emergere legami tra storie diverse, riflessioni su articoli, filmati, stralci di libri, poesie.
Ecco… da qualche parte devo pur partire, no? Vado? Vado.
Qui

Oliver Sacks parla del rapporto tra la memoria e l’organizzazione del ritmo, attraverso le esperienze di un suo paziente (proprio quello che ha ispirato L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello).
Ma di pagine sorprendenti Musicofilia ne ha a bizzeffe.
Poi un giorno io e Marco ci appassioniamo al tema della sincronia, a partire dalla lettura di questo articolo.

Mi compro il libro Sincronia di Steven Strogatz, dopo aver visto questo video:
Si tratta di una brillante conferenza sui fenomeni di risonanza e sincronizzazione, osservati in diversi sistemi dal lampeggiare delle lucciole, agli applausi, ai movimenti degli stormi. Il libro però non l’ho ancora letto e mi rimane il rimpianto di non aver visto le lucciole sincronizzarsi a Kuala Selangor in Malesia.
E poi niente, si parla di pendoli, l’atto del camminare è, in fondo, una sequenza di pendoli (le braccia, le spalle, il bacino, le gambe).

I metronomi, di cui parla Oddifreddi nell’articolo sopra, si sincronizzano grazie ad un piano elastico che assorbe la vibrazione e trasmette la propria a tutti. E così, allo stesso modo, nel video di Strogatz viene raccontata la storia dell’inaugurazione del Millenium Bridge, il ponte pedonale londinese, su cui migliaia di persone si misero a camminare sincronizzate, per non cadere a causa delle oscillazioni.
E poi leggo il racconto di Sacks sul concerto di batteristi con sindrome di Tourette, che riescono ad aggirare gli spasmi della malattia, sincronizzandosi mentre suonano il loro strumento.
Non sarà che la musica ha proprio la funzione del piano elastico e sincronizza tutti?
Insomma, mi pare che tutte queste cose si parlino tra di loro. Non male no?
Proprio qualche settimana prima avevo finito di leggere Yoga di Emmanuel Carrère e mi viene in mente che, nelle prime pagine, lui racconta della sua esperienza di meditazione Vipassana. In questa pagina

descrive le sue percezioni durante la pratica di meditazione camminata: un processo di visualizzazione dei vari processi interni come il respiro e la capacità di calibrare i pesi.
E a leggere Carrère, mi si apre tutto il tema della composizione libera del proprio sguardo e del proprio udito mentre si cammina. Mi torna in mente una frase di Calvino, che poi ritrovo nel racconto I mille giardini, in Collezione di sabbia: il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi.
